La pesca del dolore
È senza dubbio l’argomento del giorno: la nuova campagna pubblicitaria della nota catena di supermercati Esselunga. Lo spot, andato in onda in prima serata su molte reti televisive nazionali, ha scatenato in poco tempo un grande chiacchiericcio sul web.
Ho deciso di spendere due parole su questa campagna pubblicitaria perché innegabilmente colpita dalla visione in diretta di quella che a primo sguardo potrebbe sembrare una pubblicità progresso promossa dalle nostre istituzioni, arrivando però a veicolare alla fine una serie di messaggi non del tutto condivisibili dal grande pubblico, ma anche da chi lavora nell’ambito della salute mentale. È forse questa mia posizione che poco mi fa comprendere il senso delle scelte attuate per questa campagna pubblicitaria: insomma, a voler pensar male, sembrerebbe che la strategia di marketing che c’è dietro, è proprio quella di provocare la polemica nel grande pubblico. Bene o male, basta che se ne parli, direbbero i più. Infatti, questo spot non promuove la qualità degli alimenti o del servizio del grande marchio Esselunga.
Per chi ancora non lo avesse visto, veniamo catapultati nella quotidianità di una mamma milanese che, nel marasma del supermercato, pensa inizialmente di aver perso la piccola figlia, la quale si è solo recata nel reparto ortofrutta spinta dalla voglia di acquistare una pesca. Il ritorno a casa è cupo: la madre cerca di intavolare una conversazione con la figlia, lodandola per ciò che fa a scuola, ma la bambina sconsolata guarda fuori dal finestrino. Anche i giochi fatti a casa non sembrano darle felicità e si ritrova perciò a preparare uno zainetto nel quale inserisce la pesca acquistata. Il suono del citofono irrompe sulla scena e vediamo un padre sconsolato sul ciglio della strada che attende che la figlia scenda per accoglierla a braccia aperte. La bimba, con uno colpo di scena alla M. Night Shyamalan, svela al pubblico l’arcano: la pesca è per l’adorato padre. Ma non solo, “Questa”, aggiunge la bambina “è da parte mia e di mamma”. Inquadratura struggente su finestra vuota.
Ripeto, la promozione del marchio Esselunga e dei suoi prodotti è piuttosto sfuggente e capirete bene il mio commento precedente sulla pubblicità progresso. Sì, perché la sensazione è quella di trovarsi davanti all’ennesima rappresentazione del dolore che, in questo caso, può essere evitato solo all’interno di quel grande costrutto utopico che è “la famiglia tradizionale”. Ma non è questo ciò che mi ha colpito. È più quanto una rappresentazione come questa, superflua per lo scopo pubblicitario in questione, può aver colpito chi questa situazione l’ha vissuta.
In una società che rifugge il dolore, quanto queste immagini possono aver rievocato ai piccoli una situazione attuale? O quanto può aver ricordato il loro passato agli adulti di oggi? E cosa ha scatenato in quelle madri che troppo spesso si sentono addossare la colpa di decisioni e azioni? Se dobbiamo attenerci a ciò che viene raccontato, sì, è innegabile che in ogni bambino ci sia un dolore da dover vivere nella separazione dei propri genitori. È innegabile anche che il desiderio di una riappacificazione possa essere anche duraturo nel tempo. Ma è la promozione una narrazione in questi termini ad essere sbagliata oggi in una società e in un Paese che non deve permettersi di esprimere giudizi e colpevolizzare le scelte degli altri.
Ai piccoli, la narrazione e il messaggio da promuovere è che una coppia può essere tanto incapace a volersi bene come due innamorati, tanto quanto capaci di volersi bene per essere dei buoni genitori. Ma anche che il ruolo del paciere, del mediatore, del riconciliatore, non può essere affidato ad un bambino, tanto più se quel bambino è il loro figlio. E anche che demonizzare la figura materna o quella paterna porterà solo a conflitto e a senso di colpa, due aspetti che possono solo che peggiorare la costruzione del benessere di tutte le parti coinvolte.
A che scopo produrre questo tipo di messaggi fruibili da tutti?
A che scopo portare avanti queste narrazioni pericolose?
Spero che queste parole possano essere uno spunto di riflessione. Di pubblicità ne capisco ben poco, ma alla pesca del dolore credo di preferire la scrivania della sicurezza…
Spot campagna IKEA "Where life happens"