Chi sono i preadolescenti?
Si definiscono preadolescenti quei ragazzi che anagraficamente hanno fra gli undici e i quattordici anni e che generalmente frequentano la scuola secondaria di primo grado. La preadolescenza è un’età di mezzo, un tempo intermedio in cui la necessità primaria è quella di mettere chiarezza in un mondo che richiede di formarsi ed essere preparati ad affrontare il futuro. Un periodo di “non-essere”, in cui non si è più bambini, ma non ancora adolescenti, in cui l’incertezza e la vulnerabilità ne fanno da padrone. È un mondo caratterizzato da dubbio, ambiguità, incompletezza, provvisorietà, continua ricerca di risposte che non possono essere trovate nel mondo degli adulti di riferimento.
Nel mezzo della grande confusione interna in cui il ragazzo cerca di definirsi, le modalità e le risposte a questo bisogno sono diverse per ognuno: alla necessità di rimanere aggrappato al passato e all’infanzia, si contrappone colui che cerca di uscire dalle antiche e rassicuranti appartenenze mettendo in discussione tutto e facendosi attrarre sempre più dal contesto esterno, con tutta la sua aggressività e sessualità. Possiamo quindi distinguere, senza generalizzare, una tipologia di “preadolescente rallentato" più legato alla sicurezza dell’infanzia, ad una tipologia di “preadolescente accelerato” più attratto dalle tentazioni date dal diventar grandi. Nel modo di apparire, esprimersi e rapportarsi, è significativamente evidente la differenza fra queste due tipologie.
Il corpo che cambia
Con la preadolescenza i ragazzi si trovano a dover affrontare l’inizio di numerose trasformazioni che li rendono irriconoscibili agli occhi dei propri genitori, dei veri e propri mutanti che iniziano facendo una muta del loro aspetto esteriore. È infatti una grande rivoluzione corporea a dare il via ad una ricerca di confini, appartenenze e risposte: la pubertà e l’inizio della mentalizzazione di un nuovo corpo. Sentimenti di ansia e vissuti di vergogna accompagnano questa trasformazione, in cui il preadolescente sente di essere un altro. Il nuovo corpo rimanda una nuova immagine di sé stessi, al mondo esterno ma anche a quello interno. Il preadolescente quindi non deve affrontare solo una pubertà biologica, ma anche psichica, in cui mantenere un Sé integro è fondamentale. Il conflitto, che possiamo definire anche blocco evolutivo del compito della mentalizzazione del proprio corpo, porta anche a manipolazioni violente e ad agiti sul corpo: tagli, disturbi alimentari, tentativi suicidari.
In relazione ad un corpo che cambia anche l’identità di genere e il proprio orientamento sessuale iniziano ad essere un quesito a cui il preadolescente vuole trovare risposta. Approfondiremo questa tematica in un prossimo articolo del blog. Ad ogni modo, questo processo esplorativo porta alla mentalizzazione del proprio corpo sessuato, così come alla futura capacità adolescenziale di entrare in intimità e di impegnarsi in una relazione.
I genitori
Se le risposte alla grande confusione interna che caratterizza questa fase di vita non possono essere trovate nei genitori, questo porterà inevitabilmente a momenti di distacco e disillusione dalle figure parentali, alternate a momenti di riavvicinamento per mantenere quei fondamentali bisogni di dipendenza. I genitori vengono messi in discussione sul piano dei valori, dell’onnipotenza, con tutta una serie di comportamenti precursori di un movimento separatorio che porterà in adolescenza all’assolvimento del compito di individuarsi e separarsi dai propri genitori.
Il gruppo di amici
Il preadolescente necessita di nuovi confini dai genitori, ma anche di nuove vicinanze. Compare perciò in questa fase un’attrazione per nuove persone significative, come il migliore amico e il gruppo. Si passa da un gruppo a due in ambito prettamente scolastico o costruito in altri contesti formali, a gruppi monosessuali in cui la condivisione e il confronto reciproco ne sono le fondamenta. Sono il luogo dell’esposizione sociale in cui si creano affetti intensi, nuovi linguaggi e riti specifici. Il gruppo accoglie e sostiene l’individuo, dando un sostegno evolutivo e fornendo una cultura generazionale. Si manifesta così la necessità, per il preadolescente prima e per l’adolescente poi con nuove sfaccettature, di assolvere il compito evolutivo della socializzazione e sviluppare nuovi valori e ideali, creando una propria visione autonoma del mondo e a costruire una nuova relazione con il futuro.
La sofferenza del preadolescente
Nel momento in cui c’è uno stallo, un blocco, uno scacco, la manifestazione sintomatica compare sottoforma di dolore di matrice depressiva, che si declina in molteplici forme: ritiro sociale, problemi scolastici, attacchi di panico e altre manifestazioni ansiose, comportamenti trasgressivi e antisociali, uso di sostanze e i già citati gesti autolesionistici e disturbi nell'area alimentare. È il lutto per un futuro che non sarà, un futuro illusorio rinforzato dall’idea d un’infanzia ormai lontana e passata.
Il ruolo dello psicologo è quello di restituire un futuro, di dare gli strumenti per accogliere le sconfitte e per costruire una nuova ipotesi di ciò che l’individuo sarà.
Bibliografia per la scrittura dell’articolo
Bignamini S. (2018) I mutanti. Come cambia un figlio preadolescente, Milano: Solferino.
Charmet G., Bignamini S., Comazzi D. (2010) Psicoterapia evolutiva dell’adolescente, Milano: Franco Angeli.
Leonelli L., Campari E. “La preadolescenza”, in Maggiolini A., Pietropolli Charmet G. (2004) (a cura di) Manuale di psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti, Milano: Franco Angeli.
Migliarese M.C. “La sfida della preadolescenza: la conquista dell’identità di genere”, in Mazzucchelli F. (2013) (a cura di) La preadolescenza. Passaggio evolutivo da scoprire e da proteggere, Milano: Franco Angeli.
Vianello C. “Il setting con il preadolescente”, in Crocetti G., Agosta R. (2007) (a cura di) Preadolescenza. Il bambino caduto dalle fiabe, Bologna: Pendragon, 2007.